Nel settembre del 1921 si formò a Monselice un comitato per le onoranze ai caduti della I^ guerra Mondiale che decise di erigere un monumento. Il 28 gennaio 1923 il Consiglio Comunale interveniva sull’argomento, dopo mesi di furiose polemiche, decidendo di affidare l’incarico allo scultore Paolo Boldrin, il quale in precedenza aveva dichiarato che avrebbe eseguito gratuitamente l’opera. Inoltre il suo bozzetto incontrava qualche consenso tra i monselicensi.
Il Sindaco Corinaldi in consiglio comunale esortava “coloro che contribuirono economicamente al conseguimento dello scopo desiderato ed in genere la cittadinanza tutta a fare atto di solidarietà, affinché superate le ultime difficoltà, i “morti” per la Patria ricevano finalmente un attestato della riconoscenza cittadina”. L’ordine del giorno, votato per appello nominale, veniva approvato all’unanimità. Mentre lo scultore monselicense Boldrin lavorava all’ esecuzione del monumento, rimanevano da risolvere due diverse problematiche: L’una riguardava il reperimento della somma occorrente per fronteggiare le spese vive l’altra riguardava l’individuazione della località sulla quale erigere il monumento.
Per la parte finanziaria si costituì uno speciale Comitato presieduto dalla Marchesa Augusta Buzzaccarini. Con sottoscrizioni, festeggiamenti e raccolte pubbliche fu raccolta in breve tempo la somma necessaria. Per la scelta della località si attuò un genialissimo progetto. Nell’agosto del 1923 decedeva in Monselice la Contessa Margherita Cappello Tortorini la quale, con suo testamento nominava erede residuario l’Istituendo Asilo Infantile che doveva aver sede nella villa della Fondatrice. Si pensò allora di ottenere dall’Asilo la cessione di un tratto di terreno annesso alla Villa ad uso orto e giardino. La presidenza dell’asilo acconsentì alla richiesta. Le pratiche furono però trattate un po’ troppo superficialmente e fu soltanto dopo l’inaugurazione del Monumento e cioè nel 1927 che il Comune decise un equo compenso per l’occupazione del terreno che venne così a costruire l’attuale piazzale della Vittoria.
Per livellare il terreno sul quale doveva sorgere il monumento il Sindaco ricorse all’opera gratuita dei proprietari terrieri monselicensi. Egli stesso compì, per primo, il trasportò dalla sua Villa di Lispida un carro di terra per appianare il terreno. Narrano le cronache che il Corinaldi “in tenuta contadinesca”, guidò un somarello che trainava un carretto carico di terriccio tra l’incredulità dei presenti. Finalmente il 16 gennaio 1926 avvenne la tanto attesa ed invocata inaugurazione. Tutti quelli che contavano parteciparono alla cerimonia, dopo tante beghe e tante lotte il monumento elogio della cultura di quel tempo era terminato. Oratore ufficiale fu l’ex Sindaco Conte Corinaldi il quale con squisito tatto fece la storia delle vicissitudini a cui andò soggetta l’opera. Assisteva alla cerimonia il Segretario del Partito Augusto Turati il quale con alata parola fece l’apoteosi della madre dei caduti. Il monumento misura 8 metri d’altezza consta di una base in marmo e granito, su cui poggia un gruppo pure di marmo bianco di Carrara, di tre uomini sorti e nudi snodantesi in linea ascendente, raffigurante la resurrezione. Lo scultore tolse lo spunto dalla ispirata strofa carducciana. Alto, o fratelli, i cuori; alto le insegne e le memorie; avanti Italia nuova ed antica!
Il motto è inciso in una delle facce del basamento. Non è il solito monumento di sepoltura funerario o di eroismo; ma una composizione solida ed armoniosa che esalta la vittoria, glorifica i caduti, vivifica il ricordo. Sono quattro figure di bianco marmo di Carrara alte tre metri circa, vive masse delle quali predominanti è il centro che tiene verso il cielo il fuoco della fede e l’altra eleva la vittoria alata, che illuminata dalla fiamma della saldezza spirituale, raggiunge i più alti destini. A destra si eleva armoniosamente un gruppo muliebre, la madre e l’orfano, i quali sereni al dolore, fidano sicuri e protetti dalla speranza nella fortuna della Patria. Artisticamente ben legati nella parte posteriore, a completamento della concezione, l’artista vivificatore del marmo ha posto dei frammenti romani, su cui posa un’aquila ebbra di vittoria. Alla figura che si estende in alto col pugno in avanti si avvinghiano le altre due piegate nell’atto di innalzarsi per rivedere le care patrie lontane. Dei veli fluttuanti avvolgono il gruppo. La vista resta meravigliata e colpita dalla naturalezza dei panni funebri ondeggianti che coprono le figure. Tutto il gruppo, al quale l’artista ha dato una possente espressione, desta meraviglia e quanto più si osserva tanto più esso ne guadagna. Basamento e gruppo formano un insieme ben composto e adatto al piazzale, ideato, pure dall’artista in collaborazione all’ingegnere Comunale Giudo Antenori. L’opera giudicata “insigne ed eminente lavoro di plastica moderna italiana che per nobiltà di pensiero e di forma” onora altamente l’arte italica porta sul fronte la seguente iscrizione dettata espressamente dal poeta Giovanni Bertacchi.
Spinti dalle sorti di guerra
Su questi campi stranieri
Accomunati dalla morte
In nuove fratellanze profonde
Figli d’Italia e di Serbia
Cui nell’esilio han pace
Possano i nudi spiriti
Da un’alta libera dimora
Rivedere ogni giorno
Le dolci patri lontane.
Dal 1960 il luogo sul quale sorge il monumento divenne il “luogo” istituzionale di tutte le manifestazioni della cittadina a carattere patriottico e politico.
PAOLO BODRIN
Qualche mese dopo Boldrin si stabilisce a Padova dove inizio una fortunata carriera politica e artistica. Diventò un esponente importante del sindacato artisti. Organizzò la seconda mostra internazionale d’arte sacra, a Padova, che gli conferì notevole lustro. Come politico alla fine degli anni trenta divenne vicepodestà a Padova e nel 1931 fu nominato segretario federale e mantenne la carica fino al 1933. A Monselice ritornò un paio di volte in veste di federale, almeno una volta come conferenziere presso il gabinetto di lettura, dove parlò di “Arte e sindacato fascista”. Partecipò a varie Biennali con opere come “L’Italia imperiale”, “Lo sterratore”, “La mietitrice”, tutte quante rivolte a celebrare i miti del regime. Scolpì, in questo periodo, anche la “Minerva-Vittoria” che ancora è possibile osservare nel cortile nuovo del Bò. Infine la città di Brunico lo scelse per creare un imponente monumento degli alpini e Piove di Sacco gli commissionò il monumento ai caduti. Alla fine degli anni trenta Paolo Boldrin era presidente dell’Ente Provinciale per il turismo e commissario dell’Azienda di cura e soggiorno di Abano. Presentò, nel 1942, il piano regolatore della cittadina progettato da Giò Ponti, cui era legato da solida amicizia. Continuava, intanto, a lavorare come scultore, esponendo nella galleria “Arte veneta” varie opere fra cui, ad esempio, un “Nudo di ragazza” e una “Testa di Sileno”. Nel 1944 si dimise dalle varie cariche. Dopo un periodo di giustificata eclissi, venne riciclato negli anni cinquanta, dentro a strutture provinciali di carattere parapolitico (Da: Storia di Monselice di Tiziano Merlin)
Le Cartoline del Monumento
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© A cura di Flaviano Rossetto – flaviano.rossetto@ossicella.it